Letteratura

Edmondo de Amicis, "Sull'oceano"

Il viaggio transoceanico

Quando arrivai, verso sera, l'imbarco degli emigranti era già cominciato da un'ora, e il Galileo, congiunto alla calata da un piccolo ponte mobile, continuava a insaccar miseria: una processione interminabile di gente che usciva a gruppi dall'edifizio dirimpetto, dove un delegato della Questura esaminava i passaporti. La maggior parte, avendo passato una o più notti all'aria aperta, accucciati come cani per le strade di Genova, erano stanchi e pieni di sonno. Operai, contadini, donne con bambini alla mammella, ragazzetti che avevano ancora attaccata al petto la piastrina di latta dell'asilo infantile passavano, portando quasi tutti una seggiola pieghevole sotto il braccio, sacche e valigie d'ogni forma alla mano o sul capo, bracciate di materasse e di coperte, e il biglietto col numero della cuccetta stretto fra le labbra. […] Via via che salivano, gli emigranti passavano davanti a un tavolino, a cui era seduto l'ufficiale Commissario; il quale li riuniva in gruppi di mezza dozzina, chiamati ranci, inscrivendo i nomi sopra un foglio stampato, che rimetteva al passeggiere più anziano, perché andasse con quello a prendere il mangiare in cucina, all'ore dei pasti. […] Poi le famiglie si separavano: gli uomini da una parte, dall'altra le donne e i ragazzi erano condotti ai loro dormitori. Ed era una pietà veder quelle donne scendere stentatamente per le scalette ripide, e avanzarsi tentoni per quei dormitori vasti e bassi, tra quelle innumerevoli cuccette disposte a piani come i palchi delle bigattiere, […] Finalmente s'udirono gridare i marinai a poppa e a prua ad un tempo: - Chi non è passeggiere, a terra! Queste parole fecero correre un fremito da un capo all'altro del Galileo. In pochi minuti tutti gli estranei discesero, il ponte fu levato, le gomene tolte, la scala alzata: s'udì un fischio, e il piroscafo si cominciò a muovere. Allora delle donne scoppiarono in pianto, dei giovani che ridevano si fecero seri, e si vide qualche uomo barbuto . fino allora impassibile, passarsi una mano sugli occhi. […] Ma lo spettacolo era la terza classe, dove la maggior parte degli emigranti, presi dal mal di mare, giacevano alla rinfusa, buttati attraverso alle panche, in atteggiamento di malati o di morti, coi visi sudici e i capelli rabbuffati, in mezzo a un grande arruffio di coperte e di stracci. […] Anche quelli che non soffrivano avevan l'aria abbattuta, e più l'aspetto di deportati che d'emigranti. Pareva che la prima esperienza della vita inerte e disagiata del bastimento avesse smorzato in quasi tutti il coraggio e le speranze con cui eran partiti e che in quella prostrazione d'animo succeduta all'agitazione della partenza, si fosse ridestato in essi il senso di tutti i dubbi, di tutte le noie e amarezze degli ultimi giorni della loro vita di casa, […] Il Galileo portava mille e seicento passeggeri di terza classe, dei quali più di quattrocento tra donne e bambini. […] Tutti i posti erano occupati. […] tutta la prua […] vasta piazza affollata di passeggeri, che ha lungo i due lati le stalle dei bovi e dei cavalli, le stie dei piccioni e delle galline, le gabbie dei montoni e dei conigli, in fondo il lavatoio a vapore e il macello, di qua i cernieri dell'acqua dolce e gli acquai marini, nel mezzo la casetta dell'osteria e la boccaporta dei dormitori femminili, chiusa da una bizzarra sovrapposizione di tetti vetrati, che servon di sedili alle donne.

EDMONDO DE AMICIS, Sull'oceano, Milano 1889, pp. varie.

Approfondimenti

L’emigrazione tra arte e letteratura. Sull’Oceano di Edmondo De Amicis illustrato da Arnaldo Ferraguti (segue)

Giovanni Pascoli, "Italy"

Primi Poemetti

ITALY - Sacro all' Italia raminga

"Canto primo "

I

A Caprona, una sera di febbraio,
gente veniva, ed era già per l'erta,
veniva su da Cincinnati, Ohio.

La strada, con quel tempo, era deserta.
Pioveva, prima adagio, ora a dirotto,
tamburellando su l'ombrella aperta.

La Ghita e Beppe di Taddeo lì sotto
erano, sotto la cerata ombrella
del padre: una ragazza, un giovinotto.

E c'era anche una bimba malatella,
in collo a Beppe, e di su la sua spalla
mesceva giù le bionde lunghe anella.

Figlia d'un altro figlio, era una talla
del ceppo vecchio nata là: Maria:
d'ott'anni: aveva il peso d'una galla.

Ai ritornanti per la lunga via,
già vicini all'antico focolare,
la lor chiesa sonò l'Avemaria.

Erano stanchi! avean passato il mare!
Appena appena tra la pioggia e il vento
l'udiron essi or sì or no sonare.

Maria cullata dall'andar su lento
sembrava quasi abbandonarsi al sonno,
sotto l'ombrella. Fradicio e contento

veniva piano dietro tutti il nonno.

II

Salivano, ora tutti dietro il nonno,
la scala rotta. Il vecchio Lupo in basso
non abbaiò; scodinzolò tra il sonno.

E tentennò sotto il lor piede il sasso
davanti l'uscio. C'era sempre stato
presso la soglia, per aiuto al passo.

E l'uscio, come sempre, era accallato.
Lì dentro, buio come a chiuder gli occhi.
Ed era buia la cucina allato.

La mamma? Forse scesa per due ciocchi...
forse in capanna a mòlgere... No, era
al focolare sopra i due ginocchi.

Avea pulito greppia e rastrelliera;
ora, accendeva... Udì sonare fioco:
era in ginocchio, disse la preghiera.

Appariva nel buio a poco a poco.
«Mamma, perché non v'accendete il lume?
Mamma, perché non v'accendete il fuoco?»

«Gesù! che ho fatto tardi col rosume...»
E negli stecchi ella soffiò, mezzo arsi;
e le sue rughe apparvero al barlume.

E raccattava, senza ancor voltarsi,
tutta sgomenta, avanti a sé, la mamma,
brocche, fuscelli, canapugli, sparsi

sul focolare. E si levò la fiamma.

III

E i figli la rividero alla fiamma
del focolare, curva, sfatta, smunta.
«Ma siete trista! siete trista, o mamma!»

Ed accostando agli occhi, essa, la punta
del pannelletto, con un fil di voce:
«E il Cecco è fiero? E come va l'Assunta?»

«Ma voi! Ma voi!» «Là là, con la mia croce».
I muri grezzi apparvero col banco
vecchio e la vecchia tavola di noce.

Di nuovo, un moro, con non altro bianco
che gli occhi e i denti, era incollato al muro,
la lenza a spalla ed una mano al fianco:

roba di là. Tutto era vecchio, scuro.
S'udiva il soffio delle vacche, e il sito
della capanna empiva l'abituro.

Beppe sedé col capo indolenzito
tra le due mani. La bambina bionda
ora ammiccava qua e là col dito.

Parlava, e la sua nonna, tremebonda,
stava a sentire e poi dicea: «Non pare
un luì quando canta tra la fronda?»

Parlava la sua lingua d'oltremare:
«... a chicken-house» «un piccolo luì...»
«... for mice and rats» «che goda a cinguettare,

zi zi» «Bad country, Ioe, your Italy!»

IV

Italy, penso, se la prese a male.
Maria, la notte (era la Candelora),
sentì dei tonfi come per le scale...

tre quattro carri rotolarono... Ora
vedea, la bimba, ciò che n'era scorso!
the snow! la neve, a cui splendea l'aurora.

Un gran lenzuolo ricopriva il torso
dell'Omo-morto. Nel silenzio intorno
parea che singhiozzasse il Rio dell'Orso.

Parea che un carro, allo sbianchir del giorno,
ridiscendesse l'erta con un lazzo
cigolìo. Non un carro, era uno storno,

uno stornello in cima del Palazzo
abbandonato, che credea che fosse
marzo, e strideva: marzo, un sole e un guazzo!

Maria guardava. Due rosette rosse
aveva, aveva lagrime lontane
negli occhi, un colpo ad or ad or di tosse.

La nonna intanto ripetea: «Stamane
fa freddo!» Un bianco borracciol consunto
mettea sul desco ed affettava il pane.

Pane di casa e latte appena munto.
Dicea: «Bambina, state al fuoco: nieva!
nieva!» E qui Beppe soggiungea compunto:

«Poor Molly! qui non trovi il pai con fleva!»

V

Oh! no: non c'era lì né pie né flavour
né tutto il resto. Ruppe in un gran pianto:
«Ioe, what means nieva? Never? Never? Never?»

Oh! no: starebbe in Italy sin tanto
ch'ella guarisse: one month or two, poor Molly!
E Ioe godrebbe questo po' di scianto!

Mugliava il vento che scendea dai colli
bianchi di neve. Ella mangiò, poi muta
fissò la fiamma con gli occhioni molli.

Venne, sapendo della lor venuta,
gente, e qualcosa rispondeva a tutti
Ioe, grave: «Oh yes, è fiero... vi saluta...

molti bisini, oh yes... No, tiene un frutti-
stendo... Oh yes, vende checche, candi, scrima...
Conta moneta: può campar coi frutti...

Il baschetto non rende come prima...
Yes, un salone, che ci ha tanti bordi...
Yes, l'ho rivisto nel pigliar la stima...»

Il tramontano discendea con sordi
brontoli. Ognuno si godeva i cari
ricordi, cari ma perché ricordi:

quando sbarcati dagli ignoti mari
scorrean le terre ignote con un grido
straniero in bocca, a guadagnar danari

per farsi un campo, per rifarsi un nido...

VI

Un campettino da vangare, un nido
da riposare: riposare, e ancora
gettare in sogno quel lontano grido:

Will you buy... per Chicago e Baltimora,
buy images... per Troy, Memphis, Atlanta,
con una voce che te stesso accora:

cheap!... nella notte, solo in mezzo a tanta
gente; cheap! cheap! tra un urlerìo che opprime;
cheap!... Finalmente un altro odi, che canta...

Tu non sai come, intorno a te le cime
sono dell'Alpi, in cui si arrossa il cielo:
chi canta, è il gallo sopra il tuo concime.

«La mi' Mèrica! Quando entra quel gelo,
ch'uno ritrova quella stufa roggia
per il gran coke, e si rià, poor fellow!

O va per via, battuto dalla pioggia.
Trova un farm. You want buy? Mostra il baschetto.
Un uomo compra tutto. Anche, l'alloggia!»

Diceva alcuno; ed assentiano al detto
gli altri seduti entro la casa nera,
più nera sotto il bianco orlo del tetto.

Uno guardò la piccola straniera,
prima non vista, muta, che tossì.
«You like this country...» Ella negò severa:

«Oh no! Bad Italy! Bad Italy!»

VII

Italy allora s'adirò davvero!
Piovve; e la pioggia cancellò dal tetto
quel po' di bianco, e fece tutto nero.

Il cielo, parve che si fosse stretto,
e rovesciava acquate sopra acquate!
O ferraietto, corto e maledetto!

Ghita diceva: «Mamma, a che filate?
Nessuna fila in Mèrica. Son usi
d'una volta, del tempo delle fate.

Oh yes! filare! Assai mi ci confusi
da bimba. Or c'è la macchina che scocca
d'un frullo solo centomila fusi.

Oh yes! Ben altro che la vostra rócca!
E fila unito. E duole poi la vita
e ci si sente prosciugar la bocca!»

La mamma allora con le magre dita
le sue gugliate traea giù più rare,
perché ciascuna fosse bella unita.

Vedea le fate, le vedea scoccare
fusi a migliaia, e s'indugiava a lungo
nel suo cantuccio presso il focolare.

Diceva: «Andate a letto, io vi raggiungo».
Vedea le mille fate nelle grotte
illuminate. A lei faceva il fungo

la lucernina nell'oscura notte.

VIII

Pioveva sempre. Forse uscian, la notte,
le stelle, un poco, ad ascoltar per tutto
gemer le doccie e ciangottar le grotte.

Un poco, appena. Dopo, era più brutto:
piovea più forte dopo la quiete.
O ferraiuzzo, piccolino e putto!

Ghita diceva: «Madre, a che tessete?
Là può comprare, a pochi cents, chi vuole,
cambrì, percalli, lustri come sete.

E poi la vita dite che vi duole!
C'è dei telari in Mèrica, in cui vanno
ogni minuto centomila spole.

E ce n'ha mille ogni città, che fanno
ciascuno tanta tela in uno scatto,
quanta voi non ne fate in capo all'anno».

Dicea la mamma: «Il braccio ch'io ricatto
bel bello, vuole diventar rotello.
O figlia, più non è da fare, il fatto».

E tendeva col subbio e col subbiello
altre fila. La bimba, lì, da un canto,
mettea nello spoletto altro cannello.

Stava lì buona come ad un incanto,
in quel celliere della vòlta bassa,
Molly, e tossiva un poco, ma soltanto

tra il rumore dei licci e della cassa.

IX

Tra il rumore dei licci e della cassa
tossiva, che la nonna non sentisse.
La nonna spesso le dicea: «Ti passa?»

«Yes», rispondeva. Un giorno poi le disse:
«Non venir qui!» Ma ella ci veniva,
e stava lì con le pupille fisse.

Godeva di guardare la giuliva
danza dei licci, e di tenere in mano
la navicella lucida d'oliva.

Stava lì buona a' piedi d'un soppiano;
girava l'aspo, riempìa cannelli,
e poi tossiva dentro sé pian piano.

Un giorno che veniva acqua a ruscelli,
fissò la nonna e chiese: «Die?» La nonna
le carezzava i morbidi capelli.

La bimba allora piano per la gonna
le salì, le si stese sui ginocchi:
«Die?» «E che t'ho a dir io povera donna?»

La bimba allora chiuse un poco gli occhi:
«Die! Die!» La nonna sussurrò: «Dormire?»
«No! No!» La bimba chiuse anche più gli occhi,

s'abbandonò per più che non dormire,
piegò le mani sopra il petto: «Die!
Die! Die!» La nonna balbettò: «Morire!»

«Oh yes! Molly morire in Italy!»